Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice:
«Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?»
I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede:
«ma cosa diavolo è l’acqua?»
– David Foster Wallace, Questa è l’acqua
Protagonista di questo nostro quarto atto è l’acqua. Scelta prima dell’alluvione e prima che si registrassero livelli insostenibili di salinità alla foce del Po; difficile da reperire per più di due miliardi di persone; scontata per noi che ogni giorno ne sprechiamo ettolitri senza alcun ritegno.
A capire come mai ci si ostini a inseguire un’idea di progresso decisamente deleteria, forse ci potrà aiutare la storiella con cui David Foster Wallace, nel 2005, introduce il suo discorso per la cerimonia delle lauree al Kenyon College. Per la verità, i ruoli nel racconto andrebbero invertiti, vista l’indifferenza e talvolta lo sdegno che si riserva all’urlo di una nuova generazione che chiede semplicemente di non essere l’ultima. Il nostro titolo è l’interrogativo ottuso di una specie che, definendosi sapiens, corre il rischio tutt’altro che remoto di estinguersi per ignoranza.
Mario Tozzi
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